In cucina lo chef utilizzi piani di lavoro e aree di cottura dedicati al cibo senza allergeni. In sala il cameriere eviti il servizio “promiscuo” di piatti normali e speciali. E il cliente allergico o intollerante sia financo “pedante”, assicurandosi che la preparazione sia sicura per lui: ne va della sua salute. In sintesi, i consigli di Isidoro Piarulli, presidente di Aic Lombardia. “Il rischio zero non esiste. Ma i pubblici esercizi possono prevenire il pericolo attenendosi scrupolosamente alle indicazioni del protocollo Haccp su stoccaggio, preparazione e somministrazione di cibi e bevande senza allergeni. Guai a improvvisare” sottolinea il numero uno lombardo dell’associazione italiana celiachia che in regione ha 5mila associati e un programma dedicato agli esercenti (“Alimentazione Fuori Casa”).

Come si devono muovere chef e personale?

“Gli ingredienti destinati alla produzione di pasti privi di glutine, lattosio, nichel, o altri allergeni devono essere stoccati in zone a parte. Quando il locale di preparazione è un ambiente unico con la cucina, le operazioni devono essere svolte su un piano di lavoro dedicato, con utensili ad uso esclusivo. È sbagliatissimo utilizzare la stessa acqua di cottura per la pasta con glutine e quella senza. Anche per la cottura della pizza forno dedicato. Sono indicazioni previste dal protocollo Haccp, il suo rispetto è affidato a controlli di Asst e Nas”.

Accorgimenti per il personale in sala?

“Un cameriere non dovrebbe mai servire assieme preparazioni speciali e normali, ma una alla volta: basta che, per effetto della gravità, un maccherone con glutine o del formaggio cada in un piatto senza perché sia contaminato. Per dare un’idea della tolleranza di un celiaco, il limite massimo di glutine è di 20 milligrammi per ogni chilogrammo di alimento. Pochissimo, anche se preciso che il celiaco non rischia lo choc anafilattico ma il glutine ha comunque un effetto tossico sulla mucosa intestinale”.

Annamaria Lazzari

 

Fonte: www.ilgiorno.it