L’offerta di esami che promettono di diagnosticare problemi digestivi può essere fuorviante e portare, sul lungo periodo, a carenze nutrizionali

 

Dolore addominale, mal di pancia, gonfiore, problemi in bagno. Sarà colpa del latte? Dell’impasto della pizza? Del pane? Oppure del pomodoro? In molti si chiedono se alla base dei propri disturbi digestivi ci sia un’intolleranza alimentare e numerosi test promettono di rispondere con rapidità a questa domanda. Alcuni analizzando il capello, altri testando la forza di un muscolo, altri ancora valutando i segnali energetici del corpo oppure un campione di sangue.

Trovarli non è difficile: sono offerti in studi medici privati, talvolta in centri estetici o palestre, nelle farmacie specialmente quelli del sangue, oppure si possono acquistare direttamente online. Con un kit fai-da-te è sufficiente inviare un campione (ad esempio una ciocca di capelli) e attendere il referto a casa.

I test per le intolleranze sono dannosi?

Sono affidabili? Secondo gli esperti, non sono dannosi nel momento in cui si svolgono, ma potrebbero fornire falsi negativi o falsi positivi e, sul lungo periodo, portare le persone a scelte sbagliate. Come evitare inutilmente una lunga lista di alimenti senza un’integrazione o una dieta sostitutiva adatta, con il rischio di incappare in carenze nutrizionali.

Se ad esempio si diagnostica erroneamente un’intolleranza o un’allergia al latte e una persona elimina tutti gli alimenti con il lattosio senza integrare il calcio, può risentirne la sua salute delle ossa. Inoltre, questi test rischiano di rendere le persone eccessivamente ansiose nei confronti del cibo.

Il test per il dosaggio delle IgG

Parlando nello specifico della farmacia, tutto ciò che si trova deve avere un marchio CE, che significa a norma, ma non è detto che sia scientificamente validato. In alcuni casi possono essere proposti esami del sangue che diagnosticano le intolleranze alimentari tramite il dosaggio delle IgG. Le IgG sono una classe di anticorpi che viene prodotta in seguito a un’infezione, una malattia, un vaccino, e rimangono nel nostro corpo per tutta la vita.

Su questo esame non c’è mai stato un parere negativo, né dalle società scientifiche né dall’ordine dei medici, ma quello che nel tempo hanno notato molti esperti (allergologi, nutrizionisti e gastroenterologi) è l’enormità di falsi positivi che questi test producono. E con una lunga lista di alimenti da evitare diventa persino difficile impostare una dieta ai pazienti.

La differenza tra allergie e intolleranze

Come spiega quindi Alessandra Piona, responsabile di medicina generale e allergologa di Humanitas San Pio X, bisogna innanzitutto capire la differenza tra allergia e intolleranza. “La prima riguarda una reazione del sistema immunitario, nello specifico degli anticorpi IgE, contro una sostanza contenuta nell’alimento, chiamata allergene, ed è dose indipendente. Significa che anche una piccola quantità di cibo può scatenare una reazione forte: sfoghi cutanei, crisi respiratorie, fino all’anafilassi” sottolinea l’esperta. Chi è allergico deve fare attenzione all’alimento nascosto o all’alimento contaminato, perciò sulle etichette è specificato per legge se ci sono “tracce di” uno specifico allergene. Tra gli alimenti che scatenano più allergie ci sono la frutta secca, i molluschi, il latte, le uova.

“L’intolleranza, invece, è dose dipendente, infatti nell’organismo si scatena un meccanismo di accumulo per cui un eccesso della sostanza a cui si è intolleranti genera disturbi gastrointestinali” continua Piona.

I test validati: lattosio e glutine

“Le intolleranze che riusciamo a individuare con i test validati sono sostanzialmente due: l’intolleranza al lattosio e quella al glutine. Nel primo caso facciamo il breath test, con cui valutiamo il deficit dell’enzima, la lattasi, che non permette di digerire latte e formaggi. Chi è intollerante al lattosio deve seguire una dieta priva di latte e derivati oppure può ricorrere a prodotti delattosati o naturalmente poveri di lattosio, come i formaggi stagionati”.

“Nel secondo caso, invece, dobbiamo escludere che i problemi con il glutine siano legati all’allergia al grano oppure alla celiachia. Per diagnosticare l’allergia al grano abbiamo a disposizione il prick test (un esame che si effettua sull’interno dell’avambraccio per valutare gli allergeni) e il dosaggio delle IgE (cioè gli anticorpi specifici contro l’allergene, in questo caso il grano), mentre per diagnosticare la celiachia, una malattia autoimmunitaria, svolgiamo un esame del sangue e una gastroscopia con esame istologico” fa sapere l’allergologa. Se tutti i test sono negativi, sia per l’allergia al grano sia per la celiachia, ma il paziente ha comunque problemi con alimenti che contengono glutine e beneficia di una dieta gluten free, allora si può parlare di sindrome della sensibilità al glutine.

Cosa dicono le società scientifiche

Oltre agli esami citati, non ne esistono altri validati dalle società scientifiche per diagnosticare allergie e intolleranze.

“Il messaggio è che bisogna fare un percorso clinico che parte dal medico di base e approda a uno specialista, come un allergologo, un gastroenterologo, un nutrizionista oppure tutti e tre, all’interno di un team multidisciplinare” conclude l’esperta di Humanitas. I test citati, rapidi ed esaustivi, vengono visti come un’utile scorciatoia a fronte di un percorso che può essere lungo, disseminato di tentativi e anche qualche errore, ma per evitare di imbattersi in rinunce a tavola non necessarie e potenzialmente dannose, vale la pena affrontarlo.

Fonte: www.repubblica.it