sensibilità al glutine

Tre settimane senza glutine, poi un test con placebo o pillole che lo contengono per riconoscere chi è davvero ipersensibile. «Intollerante» il 14 per cento di chi ha sintomi

sensibilità al glutineEsiste o non esiste? Per molto tempo ci si è chiesti se l’ipersensibilità al glutine fosse un disturbo reale o un problema senza riscontri clinici tangibili, poi grazie a indagini condotte in Italia si è visto che l’”intolleranza” esiste, anche se è molto meno diffusa di quanto si supponeva in passato. Sfuggente e difficile da diagnosticare per sua natura, sembra oggi un po’ più facile da riconoscere in base a un altro studio italiano appena pubblicato sulla rivista Nutrients, grazie al quale è stato messo a punto un iter diagnostico preciso che ha anche consentito di scoprire come circa un paziente su cinque con un ipotetico intestino irritabile avesse in realtà una sensibilità al glutine non celiaca.

Una diagnosi difficile

Il disturbo non è facile da inquadrare ma soprattutto da riconoscere con assoluta certezza: i pazienti infatti non sono allergici al grano né celiaci, eppure se mangiano glutine hanno sintomi come nausea, dolore e gonfiore all’addome oltre a mal di testa, stanchezza, difficoltà di concentrazione. Il primo passo, in presenza di questi disagi, è sempre l’esclusione di allergie e celiachia attraverso i test specifici; per tanti però le difficoltà restano, così per spiegarle si è ipotizzata l’esistenza della sensibilità al glutine non celiaca, una sindrome che si suppone possa essere provocata da una ridotta soglia di sensibilità al glutine, una sua maggiore azione a livello centrale o una sua più potente capacità di indurre fermentazione. Un’interpretazione certa e acclarata dei meccanismi alla base del problema non c’è, ma esiste senza dubbio la necessità di fare una diagnosi certa, finora difficile in assenza di strumenti in grado per esempio di distinguere l’ipersensibilità dal colon irritabile, un disturbo diffuso che spesso si presenta con sintomi simili e sovrapponibili.

Un test in cieco per riconoscerla senza incertezze

Da qui l’impegno per trovare un metodo diagnostico efficiente, obiettivo principale dello studio italiano Glutox iniziato qualche tempo fa e ora finalmente concluso. La ricerca, promossa dall’Associazione Italiana Gastroenterologi ed endoscopisti digestivi Ospedalieri, ha coinvolto 140 pazienti fra i 18 e i 65 anni con sintomi come stitichezza, diarrea, dolori o fastidi addominali dopo il consumo di glutine, senza allergia al grano o celiachia. Il protocollo per la diagnosi è relativamente semplice: dopo tre settimane di dieta senza glutine per eliminare tutti i sintomi, i volontari hanno preso pillole che lo contenevano o un placebo. In questo modo è stato possibile riconoscere senza dubbio chi peggiorava mangiando pane e pasta da chi soffriva di colon irritabile: non sapere se si sta introducendo il glutine è infatti essenziale per evitare equivoci, perché chi si convince che è la causa di tutti i propri mali spesso consumandolo prova fastidi a prescindere da una reale “intolleranza” organica. Stando ai risultati dei test in cieco, il 14 per cento di chi riferiva disturbi da glutine li aveva davvero, perché si ripresentavano identici una volta reintrodotta la sostanza senza esserne consapevoli: si tratta di pazienti a cui era stata spesso diagnosticata una sindrome del colon irritabile, che invece avrebbero potuto risolvere i loro fastidi con una dieta di esclusione.

Per evitare diete o farmaci inutili

«Lo studio Glutox ha identificato in modo chiaro un sottoinsieme di pazienti con diagnosi certa di sensibilità al glutine non celiaca tra quelli reattivi al glutine – spiega Luca Elli, coordinatore dell’indagine e del Centro per la Prevenzione e Diagnosi della Malattia Celiaca della Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico di Milano –. Questo approccio è un punto di partenza per lo sviluppo di un protocollo diagnostico da introdurre in clinica, inoltre offre un riscontro molto pratico: molti pazienti potranno risolvere i loro malesseri con una terapia dietetica, ovvero l’alimentazione senza glutine, abbandonando terapie farmacologiche inadatte e con effetti collaterali». Peraltro una diagnosi certa è essenziale anche per evitare diete inutili in chi non è realmente ipersensibile: purtroppo infatti molti si auto-diagnosticano il disturbo e si sottopongono all’alimentazione di esclusione senza alcuna indicazione medica. Un test semplice e certo, quindi, potrebbe essere la soluzione più adatta per tutti coloro che temono di “non digerire” il glutine.

Fonte: www.corriere.it