In occasione della Giornata Universale del bambino, festeggiata il prossimo 20 settembre, parliamo delle modalità di approccio a tale intolleranza in età pediatrica. La celiachia è un’intolleranza permanente al glutine che si manifesta in soggetti geneticamente predisposti. Un adulto che attraversi una fase di malessere è tendenzialmente portato a rivolgersi a un medico; il quale prescriverà degli esami specifici in modo che un’eventuale celiachia possa essere diagnosticata e trattata. Ma cosa succede se a manifestare i sintomi è un bambino? Quali sono e come fa un genitore a riconoscerli?

Nei bambini, la celiachia è una delle malattie croniche a maggiore frequenza e in espansione. Infatti, secondo il recente studio epidemiologico Italiano “The New Epidemiology of Celiac Disease” pubblicato sul Journal of Pedriatic Gastroenterology and Nutrition ad opera del Professor Fasano (Direttore del Centro per la Ricerca sulla Celiachia (CFRC) dell’Università di Boston) e del Professor Carlo Catassi (Associato di Pediatria presso l’Università Politecnica delle Marche), rispettivamente membro e coordinatore del Comitato Scientifico del Dr. Schär Institute (http://www.drschaer-institute.com/it/), l’incidenza della celiachia è aumentata di 5 volte, soprattutto in età pediatrica.

Questa intolleranza si manifesta normalmente tra il 7° e il 24° mese d’età, quando avviene l’introduzione di cibi contenenti glutine nell’alimentazione. Esistono però anche manifestazioni atipiche che interessano i bambini tra i 5 ed i 7 anni di età. Sintomi tipici della celiachia nel bambino sono: arresto della crescita, irritabilità, inappetenza, pancia gonfia, estrema magrezza, riduzione della massa muscolare e pannicolo adiposo quasi assente. Sintomi atipici sono invece:, rachitismo, pubertà ritardata, ipertransaminasemia, epilessia e autismo. Maggior informazioni sulla sintomatologia si possono trovare sul sito http://www.megliosenzaglutine.it/it/disturbi-glutine-correlati/.

Riconoscere questa intolleranza è fondamentale perché la diagnosi precoce, insieme a una costante e assoluta dieta senza glutine, è la chiave per un tenore di vita normale e sereno. Un adulto diagnosticato tardivamente, infatti, può andare incontro a uno sviluppo più frequente di molte altre patologie autoimmuni associate, quali diabete, epatiti, tiroiditi ecc. Per questo motivo, nei bimbi, è importante non sottovalutare sintomi che potrebbero indicare la presenza dell’intolleranza, quali: alterazioni dell’umore, irritabilità, apatia, ripetuti mal di pancia, stati anemici, bassa statura, e l’essere distaccati dall’ambiente circostante.

In caso di dubbio, è bene consultare il proprio pediatra ed eventualmente, sempre sotto suo consiglio, è possibile ricorrere a un test di autodiagnosi non invasivo che si effettua anche a casa propria e acquistabile senza ricetta medica: si tratta di uno strumento pungidito che preleva dal polpastrello una piccola goccia di sangue.

Secondo recenti studi, tutt’ora in corso, la graduale introduzione del glutine, dai 4 mesi d’età, in piccole quantità durante l’allattamento potrebbe proteggere in parte dalla insorgenza di una celiachia. Tuttavia il dibattito sullo svezzamento è ancora aperto e in Europa sono in corso studi randomizzati su bambini a rischio studiati fin dalla nascita.
Numerosi studi provano invece che l’allattamento al seno prolungato almeno fino a sei mesi ha un effetto benefico, in quanto in grado di rinforzare le pareti intestinali del bambino e proteggere dall’intolleranza al glutine, come evidenziato anche dalla Società italiana di Pediatria (http://allattamento.sip.it/commenti/come-ridurre-il-rischio-di-celiachia/).

 

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