Chi soffre di celiachia è obbligato a consumare pasta senza glutine spesso ricavata da cereali come riso o mais. Una nuova ricerca ha scoperto però che la pasta “gluten free” contiene micotossine, in quantità che non sono pericolose per gli adulti ma che possono risultare invece dannose per i bambini.
La celiachia è una malattia autoimmune caratterizzata da un’infiammazione della mucosa intestinale dovuta al consumo di prodotti a base di glutine. Le persone celiache, per evitare di avere problemi e disturbi, devono inevitabilmente eliminare il glutine dalla propria dieta.
Ecco perché è per loro fondamentale acquistare alimenti che, nel caso della pasta e dei prodotti da forno, vengono realizzati a partire da cereali “gluten free”, in particolare riso o mais.
Il problema è che i cereali possono essere contaminati con micotossine, come le fumonisine (FB) e le aflatossine (AF), una contaminazione che è stata segnalata più volte un po’ in tutto il mondo.
Ma quanto è frequente e per chi può essere più pericolosa?
Il nuovo studio, che è parte di un progetto di ricerca del Dottorato Internazionale in Nutraceuticals, Functional Foods and Human Health coordinato dal professor Alberto Ritieni, si è concentrato su 84 campioni di pasta secca commercializzati in Campania e destinati proprio a chi ha eliminato i prodotti a base di glutine dalla propria alimentazione.
I campioni sono stati raccolti da settembre a novembre 2020 proprio con l’obiettivo di monitorare la presenza di micotossine e valutare di conseguenza l’esposizione a questi contaminanti alimentari da parte dei consumatori di diverse fasce d’età.
Gli scienziati hanno valutato, per ogni pacco di pasta, i livelli di 21 diverse micotossine. Come si legge nello studio:
“È stato sviluppato e validato un nuovo metodo analitico per l’analisi simultanea di 21 micotossine nella pasta senza glutine, comunemente consumata dalla popolazione celiaca in alternativa alla pasta convenzionale. (…) Le micotossine incluse in questo lavoro erano quelle ampiamente riportate nei campioni di cereali, vale a dire, ocratossina-A (OTA), aflatossine (AFB1, AFB2, AFG1 e AFG2), zearalenone (ZON), deossinivalenolo (DON), 3-acetil- deossinivalenolo e 15-acetil-deossinivalenolo (3-AcDON e 15-AcDON, rispettivamente), nivalenolo (NIV), neosolaniolo (NEO), fusarenone-X, (FUS-X), tossina T-2 (T-2) e HT -2 tossina (HT-2), fumonisina B1 e B2 (FB1 e FB2, rispettivamente), enniatine (ENN A, ENN A1, ENN B e ENN B1) e beauvericina (BEA)”.
È emerso così che numero significativo di campioni (ben il 95%) mostrava contaminazione da micotossine, le più comuni sono risultate le micotossine di Fusarium (FB1, ZON e DON).
Nella 44% dei casi vi erano 3 differenti micotossine contemporaneamente mentre solo il 9% dei campioni di pasta ne conteneva una.
Cosa si rischia? Nello studio si legge che:
“Per quanto riguarda la valutazione del rischio, le esposizioni più elevate sono state ottenute per NIV, DON e FB1 per la fascia di età di bambini e adolescenti che possono essere spiegate a causa del loro peso corporeo inferiore”.
In pratica a rischiare di più sono, come sempre, i bambini a causa del loro organismo più piccolo che smaltisce meno facilmente tossine e altre sostanze estranee. In particolare le quantità rinvenute sarebbero preoccupanti per i bambini nella fascia 3-10 anni (dando per scontato che quelli ancora più piccoli non mangino tali alimenti, consumando pasta adatta alla loro fascia d’età).
Per gli adulti non vi sono rischi, le dosi sono entro i limiti tollerabili ma per i bambini invece, il quantitativo di tossine riscontrato è superiore al TDI (Dose Giornaliera Tollerabile) sia per il DON che per il nivalenolo (NIV).
Lo studio è stato pubblicato su Toxins.
Fonte: greenme.it
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