Secondo uno studio inglese, i celiaci hanno un rischio più alto di sviluppare alterazioni della sostanza bianca. Possibili ripercussioni anche per la salute mentale
La celiachia? Può lasciare il segno anche sul cervello. Quella che in origine sembrava essere una malattia di origine alimentare in grado di colpire soltanto l’intestino, si conferma invece come una condizione sistemica. Oltre alla tiroide, alla cute, alla placenta e al fegato, la malattia scatenata dall’incapacità (su base genetica) dell’organismo di digerire il glutine potrebbe avere tra le sue corde anche la capacità di danneggiare la sostanza bianca, ovvero i fasci di fibre nervose che collegano il cervello alla periferia (e viceversa). A circostanziare quella che era un’ipotesi già presente in letteratura è uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Sheffield, pubblicato sulla rivista Gastroenterology.
LA CELIACHIA VA OLTRE L’INTESTINO
La celiachia è una malatta autoimmune, innescata in persone predisposte geneticamente dall’ingestione di alimenti contenenti glutine. A livello mondiale, si stima che a soffrirne sia l’un per cento della popolazione. Nel caso dell’Italia, però, le stime più recenti segnalano un trend di crescita. Così, se i celiaci attesi dovrebbero essere all’incirca 600mila, gli esperti sono ormai convinti che questa quota rappresenti soltanto la punta di un iceberg. E che in realtà i malati oscillino tra 1 e 2 milioni. Tra le poche certezze, c’è che l’unica terapia al momento riconosciuta prevede l’esclusione di tutti gli alimenti contenenti glutine (anche in tracce) dalla dieta. In questo modo, infatti, si osserva una remissione dei sintomi e dei segni rilevabili a livello intestinale: con l’atrofia dei villi a rappresentare il «biglietto da visita» della malattia. Già, perché anche in questo caso è plausibile l’ipotesi di essere di fronte soltanto a una delle manifestazioni della celiachia. Diversi studi hanno infatti dimostrato la presenza di condizioni patologiche a carico di altri organi in persone celiache. Soltanto un caso? No, se si tiene traccia dei numeri e si considerano i punti in comune che la malattia celiaca ha con alcune di queste condizioni: dalla dermatite atopica alla tiroidite autoimmune, dal diabete di tipo 1 ai disturbi della fertilità.
I «SEGNI» DELLA CELIACHIA ANCHE SUL CERVELLO
Ma non solo. Tra gli organi su cui la celiachia può ripercuotersi ci sarebbe anche il cervello. In diversi studi viene descritta soprattutto la rilevazione di un’atassia cerebellare nei pazienti celiaci. Si tratta di una condizione che si manifesta con un’incapacità di coordinare l’equilibrio, l’andatura, i movimenti oculari e dell’estremità. Partendo da questi dati, i ricercatori dell’Università di Sheffield hanno avviato una ricerca mirata a fare luce sulle correlazioni tra la celiachia e l’eventuale maggior rischio di danno cerebrale. I risultati presentati sembrano supportare questa ipotesi. Comparando le immagini rilevate dalle risonanze magnetiche cerebrali di persone celiache (104, non affette da altre malattie) e non (198), gli scienziati britannici hanno riscontrato un deficit di reazione inferiore da parte dei celiaci. Segno – è quanto si legge nel lavoro – di una ridotta capacità di elaborazione, che spesso si osserva nelle persone che presentano lesioni della sostanza bianca. A risultare intaccato è stata anche la salute psicologica: con una maggiore presenza tra i celiaci di sintomi riconducibili a un disturbo d’ansia, alla depressione, a pensieri autolesionistici e, più in generale, a uno stato di infelicità dettato dalle proprie condizioni di salute. Nessuna variazione è emersa invece dai test cognitivi.
LE POSSIBILI CAUSE DEL DANNO NEUROLOGICO
Difficile, soltanto sulla base di questi dati, essere certi che sia la celiachia a guidare lo sviluppo di queste modificazioni dello stato di salute mentale e dell’anatomia del sistema nervoso centrale. Detto ciò, non è comunque da escludere un’ipotesi di questo tipo: soprattutto tenendo conto dei dati raccolti attraverso le risonanze magnetiche (cosa che nei precedenti lavori non era stata fatta). Secondo Carolina Ciacci, direttore dell’unità operativa complessa di gastroenterologia dell’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno, «lo studio inglese è ben costruito e, potendo contare anche sull’imaging neurologico, va a consolidare un’ipotesi su cui la comunità scientifica dibatte da tempo: quella di un possibile danno cerebrale correlato alla celiachia». Quel che resta da capire è in che modo l’incapacità di digerire il glutine arrivi a lasciare il segno a tale distanza dall’intestino. Diverse le ipotesi tenute in considerazione: dalla possibilità che alcuni anticorpi specifici della celiachia «aggrediscano» i vasi sanguigni in tutto l’organismo a un potenziale danno determinato dal glutine anche oltre l’intestino.
VALUTARE LA SALUTE NEUROLOGICA DEI CELIACI?
Il tema delle possibili conseguenze neurologiche determinate dalla celiachia è stato finora poco esplorato. Alcuni studi evidenziano che complicanze di questo tipo sarebbero rilevabili in 1 paziente su 2. In altri le percentuali risultano invece di molto inferiori. Di sicuro, spiegano i ricercatori di Sheffield, «questa notevole variabilità denota una sottostima del problema»: oltre l’opportunità di riconoscere il ruolo del neurologo nella gestione dei pazienti celiaci. Lo studio ha tuttavia dei limiti. Chiarisce Ciacci: «I ricercatori non hanno riportato dati né sul tempo trascorso dalla diagnosi di celiachia all’esame neurologico né su quello intercorso tra la comparsa dei primi sintomi e l’avvenuta diagnosi». In seconda battuta, «la ricerca non chiarisce se l’adesione rigorosa a una dieta senza glutine possa avere un effetto protettivo per il cervello». Come comportarsi allora con i celiaci adulti che potrebbero essere a rischio di sviluppare un danno cerebrale (potenzialmente) tanto più marcato quanto meno precoce è stata la diagnosi? Al momento, nessun paziente è sottoposto a uno screening neurologico. Potrebbe essere giunta l’ora di introdurre anche una valutazione di questo tipo? «Ma anche se fossimo certi dell’esistenza e della diffusione di questa complicanza, ci sarebbe poco da fare in chiave terapeutica», si mostra scettica la specialista, che è anche ordinario di gastroenterologia all’Università di Salerno.
RISPETTARE LA DIETA SENZA GLUTINE
Considerando però che sappiamo che l’adesione alla dieta senza glutine riduce il rischio di danno anche a carico degli altri organi, non si può escludere che lo stesso effetto si registri anche per quel che riguarda la salute cerebrale. «Ragion per cui, una volta certi della diagnosi, c’è una ragione in più per rispettare rigorosamente la terapia», conclude Ciacci. A giovarne sarà sicuramente l’intestino. E, chissà, forse anche il cervello.
Fonte: www.fondazioneveronesi.it