La relazione annuale al parlamento

Tra il 2012 e il 2017, le diagnosi di celiachia in Italia sono aumentate fino a una media di circa 10 mila l’anno, raggiungendo la cifra di 206.561, pari allo 0,34% della popolazione. Questo non significa che è in aumento la celiachia ma solo che crescono le diagnosi della malattia, che obbliga le persone colpite a escludere rigorosamente il glutine dalla dieta. Il problema riguarda circa l’1% della popolazione che è geneticamente predisposta.  Quindi, si stima che i celiaci non ancora diagnosticati siano circa 400 mila.

Nel 2017 le nuove diagnosi sono state 8.134, circa la metà rispetto  all’anno precedente. Secondo il Ministero della salute, che ha presentato in Parlamento la Relazione annuale sulla celiachia, l’incremento più moderato delle diagnosi, registrato dopo l’entrata in vigore del nuovo protocollo diagnostico avvenuta due anni fa, è “probabilmente dovuto ad indirizzi scientifici più chiari e procedure che permettono di ridurre gli esami superflui, sviluppare ipotesi diagnostiche tempestive e limitare gli errori”. 

Dai dati aggiornati al 2017 emerge in maniera evidente che quasi i 2/3 della popolazione celiaca sono di sesso femminile: 145.759 donne e 60.802 uomini. La celiachia è una patologia con tratti di auto-immunità che si scatena quando il sistema immunitario, deputato a difendere l’organismo da batteri, virus e altri nemici, per errore comincia ad aggredire il glutine e un enzima presente in tutte le cellule e tessuti dell’organismo, la transglutaminasi tissutale.

È noto, afferma la relazione, che la risposta immunitaria nelle donne è particolarmente sviluppata e veloce. Questa “aggressività” del sistema immunitario potrebbe essere correlata al ruolo biologico della donna che l’ha portata a una maggiore sensibilizzazione verso gli agenti infettivi, anche per poter far fronte alle infezioni post-parto. La differente predisposizione al controllo del sistema immunitario da parte dei due sessi è confermata dal più elevato tasso di mortalità infantile nei maschi a causa di infezioni.

Alcuni studi clinici hanno evidenziato che gli estrogeni, i principali ormoni femminili, possono avere un ruolo attivo nello stimolare la risposta contro i virus, mentre il testosterone, il principale ormone maschile, giocherebbe un ruolo di soppressore della risposta infiammatoria. Considerando poi l’importante ruolo della genetica, oggi è noto che molti tratti del Dna che controllano il sistema immunitario si trovano proprio sul cromosoma X. Tutte le cellule delle donne possiedono due cromosomi X, che sembra predispongano maggiormente le femmine allo sviluppo di malattie autoimmuni, poiché le cellule fondamentali del sistema immunitario, i linfociti, sono più attivi e più aggressivi. Al contrario i maschi, avendo un cromosoma Y e un unico cromosoma X, sono più predisposti alle immunodeficienze. Se da un lato dunque un sistema immunitario così reattivo e “aggressivo” contro le infezioni protegge, secondo alcuni studiosi può anche andare incontro più facilmente a “regolazioni” sbagliate, con una conseguente eccessiva attivazione che nel tempo porterebbe allo sviluppo delle malattie autoimmuni, tra cui la celiachia.

Il rapporto del ministero della Salute fa anche il punto sull’impegno finanziario per garantire, secondo quanto previsto dalla legge 123/2005, un pasto senza glutine ai celiaci che ne fanno richiesta nelle mense scolastiche, ospedaliere e in quelle annesse alle strutture pubbliche. Nell’esercizio finanziario 2018 sono stati versati alle Regioni 320 mila euro per garantire la somministrazione di pasti senza glutine e 534 mila euro per le attività formative destinate agli operatori alimentari che lavorano nella ristorazione.

Fonte: https://ilfattoalimentare.it/ministero-salute-celiachia-donne.html