La dieta vegana deve essere realizzata con particolare attenzione per evitare carenze

gluten free

I nuovi approcci all’alimentazione, come la dieta vegana e il gluten free, pongono crescenti sfide scientifico-tecnologiche al mondo della ricerca in campo alimentare.

Lo dice il Rapporto Italia 2016 dell’Eurispes: nel nostro Paese l’8% della popolazione segue una dieta esclusivamente vegetariana, è aumentato dallo scorso anno il numero dei vegani e sempre di più sono anche i supermercati e ristoranti che propongono questi prodotti. Spesso, però, ci si avvicina senza un’adeguata informazione e senza il supporto di esperti del settore a particolari stili alimentari con finalità dieto-terapeutiche non sempre clinicamente giustificate; esempio tipico è proprio il modello dietetico vegano. “La dieta vegana, partita dal movimento filosofico del veganismo, esclude del tutto l’assunzione di alimenti di origine animale o di suoi derivati, rappresentando così un’estremizzazione del modello vegetariano, incentrato su cereali, legumi, verdura e frutta e, in misura ridotta, su latte, latticini e uova”, sottolinea Filomena Nazzaro dell’Istituto di scienze dell’alimentazione (Isa) del Cnr di Avellino. “Questo regime alimentare deve però essere effettuato con particolare attenzione e in maniera equilibrata, per evitare che vengano a mancare all’organismo i nutrienti necessari al suo corretto funzionamento”.

Sono stati sviluppati sostituti della carne a base vegetale

Sulla scia di questa moda, molte aziende agroalimentari hanno sviluppato linee di prodotti specifici a base vegetale (hamburger, yogurt o latti vegetali) da usare in sostituzione dei prodotti a base di carne, latte e uova. E non è raro leggere sulle etichette nutrizionali di questi prodotti il valore di meat equivalent, che indica la quantità di prodotto con contenuto proteico totale, confrontabile con quello di 100 g di carne bovina. “Nel campo della ricerca, si studia invece allo sviluppo di alimenti funzionali (succhi vegetali, succhi di frutta, puree), fortificati dalla presenza di componenti probiotiche e prebiotiche, capaci di apportare all’organismo elementi salutisticamente importanti”, precisa Nazzaro.

Alla base della diffusione di questi cibi c’è sicuramente un approccio diverso all’alimentazione, come sottolinea la ricercatrice dell’Isa-Cnr: “L’attribuzione di un significato più ampio al concetto di alimentazione, fonte di energia finalizzata al mantenimento di uno stato di benessere psico-fisico, rappresenta la nuova mission della ricerca. Sono aumentate le evidenze sperimentali che consolidano il ruolo salutistico dell’alimentazione, in grado di influenzare, attraverso specifici costituenti (molecole o probiotici) oppure attraverso il microbiota intestinale, diversi parametri fisiologici. È questo il settore degli alimenti funzionali e dei nutraceutici, una delle più importanti aree di sviluppo interdisciplinari finalizzata a implementare nuovi processi biotecnologici”.

La dieta gluten-free si è diffusa anche tra chi non è affetto da celiachia o sensibilità al glutine

Un’altra moda alimentare del momento è rappresentata dai cibi privi di glutine o gluten free. “Circa il 20% della popolazione americana acquista questo tipo di alimenti, pur essendo i celiaci negli Stati Uniti solo l’1%. In realtà, è emerso che esistono altre problematiche glutine-correlate, quali la sensibilità al glutine e l’allergia al frumento, che possono giustificare le scelte di un altro 8-10% della popolazione”, spiega Mauro Rossi dell’Isa-Cnr. “Resta però un alto numero di individui che negli Usa, ma anche in Europa, decide di passare all’alimentazione gluten free per scelta personale, ritenendola più salutistica o dietetica. In realtà diversi studi, effettuati anche dal nostro Istituto, dimostrano come l’assenza di glutine determini un più veloce svuotamento gastrico, per cui la sensazione di sazietà può scomparire più rapidamente. Inoltre, le varie patologie non intestinali su base autoimmune, associate al consumo di glutine, interessano una piccola percentuale della sola popolazione celiaca”.

In questo ambito conduce numerosi studi il Dipartimento di scienze bio-agroalimentari (Disba) del Cnr. “Tra le ricerche del Disba-Cnr, quelle sulla caratterizzazione di cereali antichi a basso contenuto di glutine e per individuare strategie tecnologiche per detossificare il glutine, preservandone le caratteristiche tecnologiche”, conclude Rossi. “Altri studi di biosensoristica sono rivolti all’individuazione di tracce di glutine in fonti alimentari non sospette, mediante lo sviluppo di dispositivi sensoristici di tipo portatile. Metodologie biosensoristiche simili potranno essere in futuro utilizzate per rilevare tracce di proteine di origine animale in fonti alimentari destinate alla popolazione orientata all’alimentazione vegana”.

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