Daniele Bossari ci racconta il suo rapporto con il cibo e con una patologia, la celiachia, che se non diagnosticata può avere gravi conseguenze
Facciamo subito chiarezza per chi ancora avesse dubbi: la celiachia è una patologia. Non è un vezzo alimentare, non è una dieta: ergo, non è una scelta. C’è di più: quest’infiammazione cronica dell’intestino tenue dovuta a una delle proteine, la prolamina, di alcuni cereali può provocare sintomi violenti e condurre a un dimagrimento inesorabile che in alcuni casi può quasi risultare letale.
Lo sa bene Daniele Bossari a cui la celiachia è stata diagnosticata quando era poco più che un neonato.
E finché all’ospedale pediatrico Gaslini di Genova un medico illuminato per i tempi non ha capito di cosa si trattasse, ha continuato a perdere peso, una circostanza molto pericolosa per un bambino di pochi mesi.
Chi ha seguito il Grande Fratello 2017 probabilmente sa già che il conduttore radiotelevisivo – che in anteprima ci ha raccontato di aver appena concluso la registrazione di un audiolibro (Inquisizione Michelangelo, romanzo di Matteo Strukul, già autore della tetralogia I Medici) – è celiaco.
Noi ne abbiamo parlato piacevolmente – ha una rara gentilezza nei modi – con lui allo chef table del Ristorante Morelli di Milano, ultimo nato, insieme all’attiguo Bulk, nel progetto imprenditoriale di Giancarlo Morelli, che ha travalicato i confini di quello che si può definire uno “semplice” chef.
Bossari, lei è cresciuto con la celiachia; non ha quindi dovuto abituarsi alla dieta che ne deriva.
«Esatto, per me è la normalità. Dopo lo svezzamento, con l’introduzione delle pappine mi sono ritrovato a diminuire di peso fino quasi alla soglia della morte. I medici non riuscivano a diagnosticare il problema perché 44 anni fa non era così noto. Togliendo il glutine sono immediatamente stato meglio».
Ci sono ancora persone che dubitano che intolleranze alimentari e celiachia siano davvero un problema?
«Sì, e questo è un danno. Anche nella ristorazione, dove si muovono i professionisti, talvolta c’è una mancanza di sensibilità. Alcuni non sono abbastanza attenti anche alla contaminazione dei cibi in cucina (cioè che un ingrediente destinato a un piatto gluten free venga a contatto con altri che contengono glutine, ndr; per chi volesse approfondire è utile il prontuario realizzato dall’Associazione Italiana Celiachia). Talvolta devo sottolineare la possibilità di finire all’ospedale per ottenere un occhio di riguardo».
La quotidianità di un celiaco in Italia è particolarmente complessa?
«Quarant’anni fa lo era di più. Oggi sono disponibili prodotti di altissimo livello. Di pasticceria, ad esempio, ma non solo. Mi ritrovo a tavola con amici e parenti che vogliono assaggiare i miei piatti privi di glutine».
«Assolutamente sì. È stato Ernst Knam a prepararla ed era buonissima».
Gli altri paesi che hai visitato sono più preparati per quanto riguarda questa patologia?
«Nel passato lo erano; mi vengono in mente per esempio i paesi nordici, dove ho lavorato. Adesso la situazione è quasi ribaltata. In Italia finalmente mettiamo in pratica la nostra arte culinaria anche nella produzione di cibi senza glutine che oggi superano per qualità e gusto quelli degli altri mercati europei».
E per quanto riguarda l’aspetto economico? I prodotti senza glutine non sono proprio a buon mercato…
«Una cosa che funziona in Italia e che merita di essere sottolineata è l’assistenza statale per i celiaci. Chi soffre di questa patologia ha diritto a un aiuto economico mensile per la spesa di prodotti senza glutine. Questi hanno un costo più elevato rispetto agli altri, ma con il sostegno dello Stato si riesce a sostenerlo».
Le patologie impongono degli ostacoli, ma possono anche svelare inaspettate opportunità. Nella sua vita la celiachia ha fornito qualche marcia in più?
«Io l’ho sempre vista come un modo per distinguermi, un valore aggiunto, non come un difetto. Anzi, da bambino la celiachia mi metteva al centro dell’attenzione. I miei compagni mangiavano le merendine, mentre io non potevo e quindi mi veniva chiesto il motivo. Da adolescente è poi diventata quasi un’arma di seduzione (ride): le ragazze mi coccolavano di più».
Scomodando Feuerbach, concorda con la sua massima «siamo quello che mangiamo»? In altre parole: cambiare alimentazione può cambiarci la vita?
«Assolutamente sì. Qualità, genuinità e semplicità del cibo sono fondamentali. E in questo la dieta mediterranea ha una marcia in più, offrendo una ricchezza difficile da trovare altrove. Poi oltre all’aspetto salutare, è importante anche quello godereccio: dopo aver mangiato dobbiamo comunque essere soddisfatti».
E a proposito di genuinità e qualità dell’offerta, nella gallery trovate un menù gluten free con alcuni piatti di Giancarlo Morelli. Giusto per ribadire che anche senza glutine è possibile gustarsi pasti prelibati.
Foto: © Getty Images.
Fonte: www.vanityfair.it