Celiachia, rischio legato a esposizione chimica ambientale, soprattutto nelle donne

Celiachia, rischio legato a esposizione chimica ambientale, soprattutto nelle donne

L’esposizione a sostanze chimiche sintetiche che alterano il sistema endocrino, molto diffuse in pesticidi, pentole antiaderenti e ritardanti di fiamma, è stata associata a un maggior rischio di sviluppare la celiachia nei bambini e nei giovani adulti, in particolare se di sesso femminile. Sono i risultati di un piccolo studio osservazionale pubblicato di recente sulla rivista Environmental Research.

La celiachia è una condizione immuno-mediata cronica caratterizzata da enteropatia e malassorbimento di nutrienti in presenza della proteina gliadina, un componente del glutine. Si stima che abbia una prevalenza dell’1% circa a livello mondiale e dello 0,71% negli Usa.

«Il nostro studio stabilisce per la prima volta un legame misurabile tra l’esposizione ambientale a sostanze chimiche tossiche e la malattia celiaca» hanno osservato l’autore senior Jeremiah Levine e colleghi della NYU School of Medicine di New York City. «Questi risultati sollevano anche domande sull’esistenza di potenziali associazioni tra questi prodotti chimici e altre malattie intestinali autoimmuni, una questione che merita un attento monitoraggio e ulteriori approfondimenti».

Uno studio prospettico
La ricerca ha incluso 30 bambini e giovani adulti, tra cui 19 donne, di età compresa tra 3 e 21 anni e con una diagnosi recente di celiachia basata sulla combinazione dello screening sierologico e dei reperti di biopsia endoscopica. Lo studio includeva anche 60 controlli abbinati per età. A tutti i partecipanti è stato prelevato il sangue per la valutazione sierologica della malattia, i test genetici e la misurazione delle concentrazioni di inquinanti ambientali persistenti (POP).

Complessivamente, i giovani con concentrazioni sieriche più elevate di diclorodifenildicloroetilene (DDE, un metabolita del DDT) avevano il doppio del rischio di sviluppare la celiachia (OR 2,01) dopo aggiustamento per età, razza, sesso e suscettibilità genetica, hanno riferito Jeremiah Levine e colleghi della NYU School of Medicine di New York City.

Sono state tuttavia riscontrate differenze significative tra i sessi. Tra le femmine, che costituiscono la maggior parte dei casi di celiachia, concentrazioni più elevate di DDE sono state associate a un rischio di presentare la malattia quasi 9 volte superiore. Il rischio era anche significativamente più elevato (OR 5,27) nelle donne con una maggiore esposizione all’acido perfluoroottansolfonico (PFOS, ingrediente chiave di vari prodotti antimacchia e idrorepellenti per tessuti), acido perfluoroottanoico (PFOA, nel rivestimento impermeabilizzante per tessuti, pellame, carta e cera per pavimenti) (OR 9,42) e perfluoro esan solfonato (PFHxS, usato per il rivestimento antiaderente delle padelle, imballaggi e tappeti) (OR 7,68).

Nei maschi invece il rischio non era significativamente superiore in presenza di una maggiore esposizione a DDE (OR 1,21), anche se concentrazioni sieriche di BDE153, un composto simile all’etere di difenile polibromurato (PBDE, un ritardante di fiamma), erano associate a un rischio più elevato nei maschi ma non nelle femmine (OR 2,29).

«Forse il più grande punto di forza di questo studio è l’incorporazione del punteggio di suscettibilità genetica come indicatore della celiachia», hanno scritto i ricercatori. «L’inclusione di questo marcatore ci ha permesso di isolare l’effetto dei POP da quello della predisposizione genetica. Inoltre è stato condotto in un unico sito, il che riduce la probabilità di diagnosi errate o differenziali tra i partecipanti».

Gli autori hanno spiegato che nell’intestino tenue dei celiaci la gliadina aumenta l’affinità di legame per le cellule presentanti l’antigene che esprimono i recettori dell’antigene leucocitario umano HLA-DQ2/8, che sono successivamente riconosciuti e legati dai linfociti T CD4+. Per questo motivo, la suscettibilità individuale alla celiachia dipende principalmente dal possedere il genotipo HLA-DQ2 e/o HLA-DQ8.

Una delle caratteristiche chiave della celiachia è un intestino che consente alla gliadina di attraversare l’epitelio intestinale e di penetrare nella lamina propria, dove prende avvio una risposta immunitaria da parte di HLA-DQ2/8. «I POP che abbiamo analizzato possono agire alterando le tight junctions, consentendo alla gliadina di attraversare più facilmente l’epitelio dell’intestino tenue. In alternativa, i POP possono agire in modo da alterare il sistema endocrino, incrementando la risposta immunitaria una volta che la gliadina ha attraversato la barriera intestinale» hanno aggiunto i ricercatori.

I genitori devono sapere che ci sono alcuni accorgimenti semplici e sicuri per ridurre l’esposizione dei bambini alle sostanze chimiche che abbiamo valutato nello studio, ha detto il coautore Leonardo Trasande. «Aprire le finestre per arieggiare le stanze e utilizzare una scopa bagnata possono aiutare a ridurre gli inquinanti organici persistenti che si accumulano nelle polveri domestiche, mentre l’uso di pentole in ghisa o acciaio inossidabile può ridurre l’esposizione alle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS)».

I PFAS sono utilizzati a partire dagli anni ’50 come emulsionanti e tensioattivi in prodotti per la pulizia, nella formulazione di insetticidi, rivestimenti protettivi, schiume antincendio e vernici. Sono impiegati anche nella produzione di capi d’abbigliamento impermeabili, in prodotti per stampanti, pellicole fotografiche e superfici murarie, in materiali per la microelettronica. Vengono usati inoltre nei rivestimenti dei contenitori per il cibo, come ad esempio quelli dei fast food o nei cartoni delle pizze d’asporto, nella produzione di PTFE (antiaderenti) e di nuovi materiali che hanno trovato applicazione in numerosi campi come quello tessile. Come conseguenza dell’estensiva produzione e uso dei PFAS e delle loro peculiari caratteristiche fisico-chimiche, questi composti sono stati spesso rilevati in concentrazioni significative in campioni ambientali e in organismi viventi, inclusi gli esseri umani.

Bibliografia

Gaylord A et al. Persistent organic pollutant exposure and celiac disease: A pilot study. Environ Res 2020.