Con l’aumento dei cani allergici a questa o quella cosa, è lecito porsi il dubbio se la celiachia nei cani esista o meno. Andiamo dunque a vedere di cosa si tratta.
In linea generale i cani di solito sono allergici a determinati tipi di proteine animali, soprattutto pollo e manzo perché sono i due tipi di carne maggiormente diffusi negli alimenti per cani. Tuttavia perché non pensare a cani allergici al glutine? Alzi la mano chi si è accorto che somministrando pasta o pane al proprio cane, improvvisamente i suoi sintomi allergici peggioravano, vuoi sintomi cutanei (dermatiti, otiti), vuoi sintomi gastroenterici (diarrea, vomito, dimagrimento). Perché dunque non pensare alla celiachia? Andiamo prima a vedere che cos’è la celiachia in umana e poi passiamo a vedere lo scarso materiale in merito che esiste in veterinaria.
Celiachia nell’uomo
La celiachia sui testi di medicina viene definita come una malattia autoimmune dell’intestino tenue. Questo esordio è doveroso in quanto so che molte persone celiache non amano definirla una malattia (francamente non capisco il perché, non c’è niente di male, io sono una persona allergica e non mi offendo se qualcuno definisce la mia allergia una malattia). La celiachia si manifesta in soggetti di ogni età, ma devono essere geneticamente predisposti.
I sintomi principali della celiachia nell’uomo sono la diarrea cronica, la stanchezza e un ritardo nella crescita dei bambini, ma sono anche descritti dolori colici, ulcere in bocca, dermatite, aborti spontanei, iposplenismo. La celiachia è poi associata anche allo sviluppo di linfomi e di adenocarcinomi intestinali, ma è possibile anche la presenza contemporanea di altre malattie, spesso ad eziologia autoimmune, come il diabete mellito di tipo 1, la tiroidite autoimmune, la colite microscopica e la cirrosi biliare primaria.
La celiachia è provocata da una reazione esagerata alla gliadina, una proteina del glutine presente nel grano e a proteine simili che si trovano anche negli altri cereali, come orzo, avena, farro, grano duro, semola di grano, kamut e segale, mentre mais, miglio, riso, sorgo e grano saraceno di solito sono considerati sicuri. La continua esposizione alla gliadina provoca una reazione infiammatoria cronica, con distruzione progressiva dei villi presenti nell’intestino tenue, fino ad arrivare all’atrofia dei villi vera e propria. Questo provoca un alterato assorbimento delle sostanze nutritive. Purtroppo l’unica terapia efficace è una dieta con assenza totale di glutine.
Celiachia nel cane
Premetto subito che non si parla tantissimo di celiachia nel cane, nel senso che non ci sono tantissimi studi in questo senso e manca un modello di riferimento. I pochi studi in merito hanno riscontrato una forma di celiachia, intesa come Gluten-sensitive enteropathy (GSE) nei cani di razza Setter irlandese. Si tratta di una malattia su base genetica, autosomica recessiva. Pare che sintomi simili siano stati riscontrati anche in altre razze, ma non ci sono ricerche che lo dimostrino.
Quello che fa pensare che possano esistere delle forme simili alla celiachia anche nei cani sono diversi fattori. Prima di tutto è innegabile che ci sono dei cani in cui i sintomi di allergia peggiorano drasticamente quando gli vengono somministrati pane e pasta e che migliorano improvvisamente quando questi cibi vengono eliminati dalla dieta. In secondo luogo, l’unico caso sospetto di celiachia che mi è capitato è stato in un Pastore tedesco: dopo aver provato ogni dieta eliminativa e ipoallergenica, la cosa che lo faceva stare bene era eliminare semplicemente pane e pasta dalla dieta. Purtroppo non abbiamo avuto la conferma degli esami richiesti in questo caso, ma la cosa che mi fa pensare che si possa trattare di una forma di celiachia canina è che nel Pastore tedesco esiste una forma di carenza congenita di IgA a livello della mucosa intestinale e che in una certa percentuale di persone celiache si ha proprio una carenza di IgA, fattore predisponente allo sviluppo della celiachia.
Purtroppo non esistono nei cani dei test per dirti: sì, quel cane è celiaco, anche perché prima bisognerebbe dimostrare l’esistenza della patologia in una casistica un po’ superiore a quella di pochi Setter irlandesi. Tuttavia se sospettate una cosa del genere e tutte le diete in commercio non hanno dato i risultati sperati, la diagnosi potrebbe venire tramite un prelievo bioptico da parte della mucosa del digiuno, fatta sia per via endoscopica che laparotomia ed esame istologico che indichi un’atrofia totale dei villi intestinali, magari associata a un concomitante esame del sangue che indichi un aumento plasmatico di IgE.