I celiaci in Italia sono 172.197, il 48% è concentrato al Nord, il 22% al Centro, il 19% al Sud e l’11% nelle Isole. La Regione dove risiedono più celiaci è la Lombardia, con 30.541 soggetti, seguita da Lazio (17.355) e Campania (15.509). Le persone più colpite sono donne (121.964), a fronte di 50.233 uomini, con un rapporto maschi:femmine di 1:2. Sono questi i numeri riportati nell’ultima Relazione annuale del Ministero della salute al parlamento, riferita al 2014.
Il ministero informa che dal 2016 la celiachia entrerà a far parte del Programma statistico nazionale, permettendo così la raccolta dei dati a livello regionale e la trasmissione all’Istituto superiore di sanità per elaborarli e valutare alcuni indicatori particolarmente sensibili, come l’età della diagnosi, i sintomi, il momento della loro comparsa, i valori degli anticorpi specifici, il risultato della duodenoscopia ecc.
La relazione del ministero ribadisce che tutelare i celiaci non è solo una mission sanitaria ma anche e soprattutto sociale, perché oltre alle dimensioni epidemiologiche la questione investe la famiglia, la scuola, le strutture sanitarie e il mondo del lavoro. È una patologia cronica a rischio di complicanze dove una corretta diagnosi e un corretto stile alimentare possono portare alla completa remissione dei sintomi e alla riduzione del rischio delle complicanze. Oggi l’unica terapia disponibile per i celiaci è una dieta rigorosamente priva di glutine, facilmente perseguibile anche grazie alla vasta e variegata offerta di prodotti sul mercato.
Il Ministero della salute afferma che sul piano clinico è fondamentale combattere l’autodiagnosi ed evitare che il paziente escluda il glutine prima ancora di un consulto medico. Il 30 luglio 2015, la Conferenza Stato-Regioni ha approvato il nuovo protocollo diagnostico, che include, tra gli esami previsti per la diagnosi e il monitoraggio della celiachia, alcuni non attualmente inclusi nell’elenco delle prestazioni specialistiche ambulatoriali erogabili dal Servizio Sanitario Nazionale. Una circostanza singolare, riconosce lo stesso ministero, che la spiega con il fatto che, in campo diagnostico, i LEA (Livelli essenziali di assistenza) sono tuttora definiti da un decreto ministeriale risalente al 1996, in fase di aggiornamento.
Fonte: www.ilfattoalimentare.it