Celiachia: “Quanto glutine in una briciola di pane?” è una domanda ricorrente per un celiaco e per un gluten sensitive, visto che devono eliminarlo completamente dalla loro dieta quotidiana.
Gli esperti hanno quantificato un limite, che si applica agli alimenti, ed è diventato un limite di legge, che viene espresso in ppm
I ppm sono parti per milione, e se parliamo di peso allora 1 ppm=1 mg/kg.
Il limite applicato agli elementi è <20 ppm, ovvero la quantità di glutine presente in un alimento deve essere al di sotto dei 20 ppm per essere sicuro per i celiaci e chi ha sensibilità al glutine.
Inoltre, gli esperti hanno quantificato anche una dose giornaliera di glutine che può determinare effetti negativi sui villi intestinali del celiaco.
Ma allora, quanto glutine in una briciola di pane? ma una briciola di pane fa male o no?
Ragioniamo:
Il limite di legge è dei 20 ppm per gli alimenti senza glutine
Cosa significa “senza glutine”?
Come avevo già scritto, nella Nota del Ministero della Salute, prot. 600.12/ AG32/2861, del 2 ottobre 2003 , a firma del Direttore Generale, relativa al valore massimo di tolleranza in fase di controllo analitico, diramata agli Assessorati alla Sanità delle Regioni e Province Autonome, alle Associazioni di categoria e agli Enti e operatori interessati “Prodotti dietetici senza glutine e alimenti di uso corrente non contenenti fonti di glutine” nella quale si legge che
“è stato individuato in 20 ppm, in via transitoria, il valore massimo di tolleranza in fase di controllo analitico, considerato come il compromesso più garantista sul piano sanitario in base alla situazione attuale e alle evidenze scientifiche disponibili.”
Sono quindi certificati “senza glutine” tutti quegli alimenti con un tenore residuo di glutine non superiore a 20 mg/kg,cioè 20 ppm, a base di ingredienti privi di glutine all’origine o con uno o più ingredienti depurati di glutine.
In parole semplici, che significa?
Semplicemente ogni kilogrammo di prodotto, che ha la spiga sbarrata o la dicitura senza glutine, presenta 20 mg di glutine o meno.
Per definizione, i ppm sono parti per milione, cioè mg/kg (anche mg/l) e sono tracce.
Il limite <20 ppm (mg/kg) si riferiscono solo ed esclusivamente agli alimenti.
Ma quanto glutine c’è in una briciola di pane?
Quanto glutine si può mangiare, prima di star male?
Grazie ad uno studio approfondito, effettuato nel 2001 dal prof. Catassi e dai suoi collaboratori (i cui risultati sono stati pubblicati nel 2007 (1)), è stata definita una dose giornaliera minima di glutine, in grado di determinare effetti negativi (danni istologici) a carico dei villi intestinali, presenti nell’intestino tenue (piccolo intestino) e tale dose è pari a 50 mg/giorno (50mg/die).
Una persona celiaca deve ingerire 50 milligrammi di glutine ogni giorno per 90 giorni consecutivi, perché si manifestino danni a carico dei villi intestinali nell’intestino tenue.
Il valore 50 mg/giorno, ottenuto dallo studio del prof. Catassi e collaboratori è considerato valido a livello mondiale.
È un dato validato statisticamente, perciò tiene conto di chi è più sensibile e meno sensibile, perché come sempre si viaggia in eccesso di protezione. Quindi i 50 mg di glutine/giorno sono protettivi per una ampia maggioranza di celiaci.
Sì vabbè… sarà…ma sono tanti o sono pochi 50 mg di glutine al giorno?
Come la mettiamo con le contaminazioni e le cross contaminazioni, poi?
Per rispondere a queste domande dobbiamo seguire due strade:
a) gli alimenti senza glutine certificati, cioè quelli con la dicitura senza glutine o la spiga sbarrata, dei quali io celiaco mi nutro (2)
b) gli alimenti con glutine, con i quali accidentalmente io celiaco posso entrare in contatto (contaminazioni e cross-contaminazioni).
Strada a: gli alimenti senza glutine, quelli con la dicitura senza glutine o la spiga sbarrata dei quali io celiaco mi nutro, ovvero se mangio solo questi alimenti senza glutine, mangio meno o più di 50 mg di glutine al giorno?
Tra gli alimenti riportanti la dicitura senza glutine o la spiga sbarrata sono presenti i dietoterapici.
Questi alimenti sono considerati senza glutine quando hanno un contenuto di glutine che non supera i 20 ppm (20mg/kg).
La dose giornaliera minima di glutine, che può determinare effetti negativi, è 50 mg.
Calcolatrice alla mano, rispolveriamo un po’ di aritmetica e facciamo due conti.
Significa che per arrivare a questa dose giornaliera minima di glutine, cioè ai 50 mg/giorno, io celiaco devo mangiare 2,5 kilogrammi di questi alimenti senza glutine, ogni giorno per 90 giorni consecutivi.
Facciamo un esempio pratico (anche un po’ assurdo):
0,5 kilogrammi di pasta +
0,5 kilogrammi di salumi vari+
0,5 kilogrammi di pane e pizza +
0,5 kilogrammi di dolci vari+
0,5 Kilogrammi di prodotti vari senza glutine =
2,5 kilogrammi di alimenti senza glutine al giorno.
Oltre a tutto il resto (frutta, verdura, carne, pesce, ecc.), io celiaco devo mangiare 2,5 kilogrammi di alimenti senza glutine al giorno per ingerire 50 mg di glutine al giorno.
Per 90 giorni consecutivi.
Prima che crollino i villi intestinali, mi sa che sarà qualche altro organo a non star tanto bene!
Quindi, anche se le abitudini alimentari di un celiaco finlandese sono molto diverse da quelle del celiaco italiano o australiano, anche se le porzioni possono essere più o meno abbondanti, è piuttosto difficile che un celiaco arrivi a mangiare 50 mg di glutine al giorno, mangiando questi alimenti senza glutine, cioè quelli con la spiga sbarrata o la dicitura senza glutine.
Perciò, il limite dei 20 ppm è un limite che lavora in eccesso di sicurezza, ci protegge comunque.
Non siete convinti?
Calcolatrice alla mano, facciamo due conti.
Se in un kg di alimento senza glutine ci sono massimo 20 mg di glutine, in 100 g di quell’alimento ci sono massimo 2 mg di glutine.
100 g di pasta +
100 g di salumi vari+
100 g di pane e pizza +
100 g di dolci vari+
100 g di prodotti vari senza glutine=
500 g di alimenti senza glutine al giorno per un totale di massimo 10 mg di glutine ingeriti.
Siamo 5 volte più bassi della dose minima giornaliera, che è 50 mg/giorno di glutine.
Che poi questa alimentazione sia più o meno equilibrata è tutt’altra storia.
In ogni caso, i 20 ppm sono davvero un livello di sicurezza e sono estremamente protettivi.
Strada b: gli alimenti con glutine, con i quali accidentalmente io celiaco posso entrare in contatto (contaminazioni e cross-contaminazioni), ovvero la briciola di pane mi uccide?
La foto e relativa didascalia è nell’articolo di Balduzzi e collaboratori, pubblicato nel 2010 (3). È presente in varie dispense delle ASL di varie regioni italiane ed è anche stata mostrata e spiegata al Gluten Free Day 2014, svoltosi a Roma e organizzato da AIC (Associazione Italiana Celiachia), dove erano presenti diversi esperti nel campo della celiachia, come il prof. Italo De Vitis, il prof. Antonio Gasbarrini, il Dott. Sandri, la dott.ssa La Macchia.
Cosa ci dice questa foto?
Citando direttamente dall’interessante articolo di Balduzzi si legge:
“uno studio italiano ha dimostrato che l’ingestione di 50 mg al giorno di glutine per 90 giorni è in grado di esercitare un effetto tossico sulla mucosa intestinale dei pazienti affetti da MC (N.d.A morbo celiaco) Sebbene questo risultato possa sembrare allarmante, se lo traduciamo in termini di quantità di alimenti consumati normalmente, si osserva che 50 mg di glutine sono contenuti in un pezzo di pane o pasta di dimensioni tali che noi riteniamo non possa essere ingerito per errore da una persona coscienziosa e attenta alla propria salute (Campioni A, B, C e D in Figura 1). Viceversa, la quantità di glutine presente in una briciola di pane di dimensioni tali da poter essere ingerita per errore (Campione E in Figura 1) è 20 volte minore di quei 10 mg di glutine che, verosimilmente, non sono tossici”.
Ma, la briciola mi uccide o no?
Piccola precisazione: il glutine rappresenta mediamente l’80% delle proteine del grano (4, 5, 6).
La farina di frumento ha un contenuto di proteine totali che varia dall’8% al 15%.
Considerato che la manitoba ha il livello più alto delle proteine, la farina per pane comune e prodotti da forno venduti è una farina 0 (questo si trova su diversi siti dei maestri di arte bianca e su Wikipedia). Per la farina 0 consideriamo un valore medio di proteine pari all’11%.
L’80% di questi 11 g di proteine totali è la quantità di glutine presente in 100 g, cioè 0,11 g di proteine totali in 1 g di farina o di prodotto da forno.
Calcolatrice alla mano, rispolveriamo l’aritmetica e il glutine presente in 1 g di farina o di prodotti da forno è 0,088 g, ossia 88 milligrammi.
Ora una briciola di pane di dimensioni medie, come quella della foto (vedi lettera D) è intorno ai 0,3 – 0, 35 g di peso totale.
Sempre calcolatrice alla mano, in una briciola da 0,3 g il glutine presente è 26 milligrammi. (26,4 mg per la precisione) e in una briciola da 0,35 g il glutine presente è 31 milligrammi. (30,8 mg per la precisione).
Questi calcoli si possono fare anche per altri prodotti, sapendo di che farina di grano sono fatti.
Per le briciole piccolissime, quelle che si formano quando taglio il pane o spezzo un grissino, oppure le particelle di pangrattato (vedi lettera E), che possono pesare pochi milligrammi (la lettera E nella foto può pesare 5 – 6 milligrammi), il glutine è 100 volte più basso della dose minima giornaliera in grado di dare effetti negativi, ossia dei 50 milligrammi.
E per avere degli effetti negativi a livello dei villi intestinali del tenue, un celiaco deve mangiare/inalare (7) 50 mg di glutine al giorno, ma per 90 giorni consecutivi!
Diciamo che le bricioline di pane o pangrattato potrebbero non essere il serial killer del celiaco.
Questo non significa assolutamente sottovalutare il problema della contaminazione o delle cross-contaminazioni. Anzi!
Lo stoccaggio e la manipolazione dalla materia prima al prodotto finale devono essere strettamente controllati e con accuratezza. Non a caso esiste l’HACCP. Però, forti di questi controlli messi in atto e che possiamo anche mettere in atto nelle nostre cucine, siamo più informati e sereni nell’affrontare il mondo non celiaco.
Per le persone gluten sensitive non si può parlare di una dose minima giornaliera che comporta danni a livello dei villi intestinali, del tenue, però queste informazioni sono comunque importanti e necessarie per muoversi con più tranquillità nel mondo non celiaco e quindi non gluten sensitive.
Attenzione!!! Si è sempre parlato di quantità minima giornaliera da consumarsi per 90 giorni consecutivi, in grado di provocare danni ai villi intestinali. Tutt’altra cosa è l’esposizione accidentale al glutine e gli effetti negativi ad essa correlati (spesso definita glutening (8))!
Questa è un’altra storia che chissà…un giorno racconteremo.
Bibliografia e note
(2) N.d.A sono quindi escluse frutta, verdura, carne, pesce, ecc.
(5) H. Goesaert, K. Brijs, W.S. Veraverbeke, C.M. Courtin, K. Gebruers and J.A. Delcour. Wheat flour constituents: how they impact bread quality, and how to
impact their functionality. Trends in Food Science & Technology 16 (2005) 12–30
(6) Starch Europe: Factsheets on wheat gluten and gluten related disorders.
(7) l’inalazione di glutine deve essere spiegata esaustivamente, poichè è ampiamente noto che nella farina di frumento o di altri cereali ci sono le due componenti che formano il glutine, ma mancano gli altri due ingredienti principali per la sua formazione: energia e acqua. E’ altrettanto noto però che tra le persone celiache ci sono anche allergici al frumento. E’ altrettanto noto che è la gliadina il trigger per le reazioni avverse a carico dell’intestino. Quindi, sebbene l’ingestione di gliadina per inalazione possa essere una eventualità estremamente rara e che potrebbe aver luogo solo in ambienti estremamente saturi, poichè parliamo per eccesso di sicurezza e di protezione, l’inalazione è considerata una rara ma eventuale fonte di “glutine” che va sommata alla quantità ingerita, quantità che ripeto per arrecare danni intestinali deve essere superiore ai 50 mg/giorno e per 90 giorni consecutivi. Ulteriore precisazione: per luoghi estremamente saturi non si intendono ovviamente luoghi di consueta frequentazione sociale.
(8) Il glutening si manifesta in un arco di tempo che varia da 1 – 2 ore dopo l’ingestione ad un massimo di 24 ore, con sintomatologia variabile.
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