Quando far assaggiare per la prima volta la pastina o un biscotto al bebè? Una domanda che molte mamme si fanno, soprattutto se in famiglia ci sono casi di celiachia. In passato infatti è stato ipotizzato che il glutine vada introdotto nell’alimentazione fra i 4 e i 6 mesi, per non aumentare il rischio di sviluppare l’intolleranza. Oggi uno studio italiano, pubblicato sul ‘New England Journal of Medicine’, tranquillizza le neomamme dimostrando che non è necessario aspettare troppo né anticipare le pappe: nei bambini senza una predisposizione genetica forte alla celiachia, il momento in cui il glutine entra nella pappa non influisce sulla probabilità di ammalarsi. Nei piccoli ad alto rischio, invece, provare il glutine non prima dei 12 mesi aiuta a ridurre il pericolo di celiachia. Inoltre l’allattamento artificiale non influenza in alcun modo la possibilità di diventare celiaci.
I dati arrivano da una ricerca della Società italiana di gastroenterologia (Sigenp), coordinata da Carlo Catassi dell’Università Politecnica delle Marche e Alessio Fasano del Center for Celiac Research and Treatment del Massachusetts General Hospital for Children, sostenuta dalla Fondazione celiachia (finanziata grazie ai fondi del 5 per mille dell’Associazione italiana celiachia), secondo la quale il fattore che più incide sulla comparsa dell’intolleranza al glutine è la genetica. I bambini con due copie del gene HLA-DQ-2 hanno una probabilità di ammalarsi che è doppia rispetto a chi non lo possiede. Inoltre, nell’80% dei casi è emerso che la celiachia si manifesta entro i primi 3 anni di vita.
La celiachia nel nostro Paese colpisce una persona su cento per un totale di circa 600.000 casi, di cui però solo 150.000 diagnosticati, e ogni anno vengono effettuate 10.000 nuove diagnosi, con un incremento annuo di circa il 10%. Per verificare se realmente il momento della prima introduzione del glutine abbia un effetto sulla successiva probabilità di ammalarsi, Catassi e Fasano hanno seguito oltre 700 bambini in 20 centri di tutta Italia: un gruppo di piccoli ha ricevuto la prima pappa con il glutine a 6 mesi, l’altro a 12. Tutti sono stati analizzati per la presenza dei geni che predispongono alla celiachia e sono stati seguiti poi per dieci anni.
“I risultati mostrano che il momento di introduzione del glutine non fa alcuna differenza sulla successiva probabilità di sviluppare la celiachia, né abbiamo osservato un effetto protettivo da parte dell’allattamento al seno – spiega Catassi – Possiamo perciò tranquillizzare le mamme: chi non riesce ad allattare al seno non deve sentirsi in colpa, inoltre quando si affronta lo svezzamento non serve aspettare un momento preciso per dare prodotti con il glutine. Nei bambini ad alto rischio, però, un’introduzione tardiva, attorno all’anno di età, riduce sensibilmente il pericolo di celiachia. Perciò sarebbe molto utile riuscire a individuare precocemente questi piccoli”.
“Questi risultati sono molto importanti perché rassicurano le donne celiache, che spesso affrontano con apprensione il loro progetto di maternità per il timore di ‘trasmettere’ loro l’intolleranza – commenta Elisabetta Tosi, presidente Aic – I dati ci dicono che le mamme celiache possono vivere i primi mesi del loro bimbo senza angustiarsi se non possono allattare al seno e senza modificare il programma per lo svezzamento. Piuttosto, i risultati sottolineano una volta di più come sia possibile e doveroso puntare alla diagnosi precoce”. Rilevare la presenza del gene “è relativamente semplice, basta un esame del sangue – osserva Catassi – L’ideale sarebbe sottoporre i neonati a un test per il gene, così da identificare i piccoli ad alto rischio per mettere in atto strategie di prevenzione come l’introduzione tardiva del glutine”.
Fonte: Adnkronos Salute