Celiachia, il punto su stato nutrizionale e dieta senza glutine
Uno studio rivela che i celiaci a dieta senza glutine vanno spesso incontro a squilibri nutrizionali e al rischio di sviluppare sovrappeso e obesità
Gli studi sulle terapie alternative alla dieta senza glutine sono ancora in fase precoce o comunque lontano dal dare risultati che possano far prevedere un cambiamento delle attuali prescrizioni: l’esclusione dall’alimentazione della principale proteina dei cereali (riso e mais esclusi) è ancora oggi l’unica terapia riconosciuta per i celiaci, che faccia regredire i sintomi e migliorare aspetti sierologici e istologici nella maggior parte dei pazienti. L’intolleranza al glutine in soggetti geneticamente predisposti affligge 164.500 italiani (Relazione al Parlamento del Ministero della Salute, 2013), numero che tuttavia rappresenta i soli celiaci diagnosticati, cioè il 30% di quelli che potrebbero soffrirne. La prevalenza della malattia in Italia è infatti pari all’1% della popolazione, in media con i valori europei.
Secondo una review di autori italiani, che ha esaminato lavori pubblicati dal 1990 al 2015, i celiaci a dieta senza glutine risultano essere facilmente soggetti a squilibri nutrizionali per eccesso o per difetto di alcuni nutrienti. Il dato accertato da tutti gli studi può essere attribuito alla difficoltà di seguire una dieta con limitazioni per tutta la vita e in generale, come per tutti gli individui, anche sani, di fare sempre scelte nutrizionali adeguate. Da quanto si legge nel lavoro infatti, la dieta senza glutine è in generale caratterizzata da: · un elevato apporto calorico, di carboidrati semplici e lipidi totali e saturi · un ridotto apporto di fibre · una carenza di vitamine (folati, vitamina D, vitamina B6 e B12e minerali) e di minerali (zinco, magnesio, ferro, calcio) In particolare una percentuale compresa fra il 28 e il 50% dei soggetti a dieta, per lo più donne, risultano in deficit di ferro; deficit di magnesio, calcio e zinco sono invece più comuni fra gli uomini. La dieta senza glutine si contraddistinguerebbe per un elevato indice glicemico e carico glicemico, con possibili conseguenze a lungo termine sulla salute e il rischio di sviluppare sovrappeso e obesità.
Parte delle responsabilità sono attribuite ai prodotti gluten-free, da cui secondo uno studio proviene il 36,3% dell’energia totale quotidiana; prodotti che rispetto alle controparti con glutine contengono una quota maggiore di carboidrati e grassi (saturi, di origine animale), per compensare il minor apporto proteico dovuto all’assenza di glutine. I cereali naturalmente privi di glutine usati, infatti, sono carenti di alcuni elementi, come il magnesio, rispetto a quelli che contengono glutine. È dunque necessario, conclude lo studio, che i pazienti pongano maggior attenzione nel seguire uno schema alimentare bilanciato, anche rivolgendosi a materie prime naturalmente senza glutine come alcuni pseudocereali, tipo quinoa e amaranto, una buona fonte di macronutrienti (carboidrati e proteine) ma anche vitamine e minerali, fino a due volte superiore ai comuni cereali.
Francesca De Vecchi – esperta in scienze e tecnologie alimentari