Spesi 105 milioni di euro di prodotti privi di glutine senza necessità clinica. I casi di celiaci certificati sono 200 mila, ma si sospetta che siano 500 mila. In molti credono ancora che eliminare il glutine faccia dimagrire.
Per ogni italiano che soffre di celiachia certificata ce ne sono 30 che consumano alimenti privi di glutine pur senza averne bisogno, con un rischio per la salute e una spesa inutile pari a complessivi 105 milioni di euro. È quanto è emerso al congresso nazionale di Sinuc (Società italiana di nutrizione clinica e metabolismo) in corso a Torino.
Le conseguenze di una dieta povera di glutine
In Italia i casi di celiachia diagnosticati sono 200 mila, ma secondo il Ministero della Salute si sospetta che della malattia soffrano senza saperlo oltre 500 mila persone. Eppure si stima che 6 milioni di italiani consumino cibi senza glutine «con l’errata convinzione – spiega Mauro Bruno, gastroenterologo della Città della Salute e della Scienza di Torino – che questo tipo di dieta possa essere più sana, indurre perdita di peso o permettere migliori performance sportive. Nulla di tutto questo è stato dimostrato in letteratura, anzi vi sono solidi elementi per affermare che una dieta prova di glutine è più povera in fibre, acido folico, calcio e atri minerali e più ricca in grassi saturi, sodio e calorie». Infine, seguire un’alimentazione senza glutine senza sufficiente diversificazione espone a dosi maggiori di sostanze tossiche come arsenico (presente soprattutto nel riso) o mercurio.
Senza glutine non si dimagrisce
Consumare prodotti senza glutine senza una diagnosi di celiachia espone tra l’altro ad un inutile esborso economico: l’Associazione Italiana Celiachia (AIC) ha infatti stimato che ogni anno, in Italia, vengono spesi 105 milioni di euro in prodotti privi di glutine senza che ve ne sia una reale necessità clinica. «Per qualche motivo è passata l’idea che il glutine faccia ingrassare e che eliminandolo dalla tavola, si faccia retrocedere l’ago della bilancia – commenta Maurizio Muscaritoli, presidente della Sinuc -. Concetto che nasconde un tranello, poco noto a coloro non avvezzi a leggere con la dovuta attenzione le etichette dei prodotti: i dolci gluten-free sono spesso più ricchi in calorie, zuccheri, sodio e grassi per compensare la mancanza della proteina e migliorarne sapore e consistenza».Mangiando i prodotti senza glutine, deve essere chiaro, non si perde peso, tanto più che il riso, spesso usato dai celiaci invece della pasta, ha un indice glicemico superiore rispetto alla pasta. La moda della dieta senza glutine è nata dal fatto che celiachia e ipersensibilità al glutine sono molto diffuse e si è diffusa l’idea erronea che i prodotti senza glutine siano più sani degli altri. «Pensare che i prodotti senza glutine siano più sani è privo di fondamento – commenta Andrea Ghiselli, ricercatore del CRA (Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in agricoltura) – perché le persone perfettamente sane che mangiano prodotti senza glutine non ne traggono alcun vantaggio, anzi si privano del piacere di mangiare un buon pane, una buona pasta o un buon dolce. Infatti il glutine, che trattiene acqua e aria, serve per la panificazione ed è responsabile della fragranza di pane e pizza».
Falsi miti da sfatare
Resistono, a proposito di questa patologia, convinzioni ormai superate dalle attuali conoscenze scientifiche e che occorre assolutamente sfatare. «Ad esempio non è vero che si tratta di una condizione che tipicamente riguarda bambini e giovani adulti», ha aggiunto Mauro Bruno: «Fino al 25 per cento delle diagnosi vengono poste dopo i 60 anni di età. O che la celiachia si accompagni a un maggiore rischio di tumori. Studi recenti hanno ridimensionato le stime precedenti: la mortalità per neoplasia è sostanzialmente identica a quella della popolazione non celiaca. Errato anche credere che siano ammesse saltuarie trasgressioni alla dieta: la quantità di glutine in grado di provocare un danno istologico intestinale è inferiore a 50 mg, in pratica poco più di una briciola di pane».
[Fonte: Il corriere.it]