casi di celiachia

casi di celiachia

La prevalenza dell’intolleranza al glutine non è cambiata ma il numero di chi lo evita è triplicato: auto-diagnosi e (falsa) convinzione che i cibi per celiaci siano più sani

Bastava guardare gli scaffali dei supermercati, forse, per rendersene conto. Un gruppo di ricercatori americani però ha voluto provarlo con uno studio ad hoc e ora c’è la certezza: la percentuale di pazienti celiaci nella popolazione non sta aumentando, ma è in crescita continua il numero di chi segue le dietegluten-free. Un po’ perché sono “alla moda”, un po’ perché si pensa erroneamente che siano più sane, in parte anche perché molti si auto-diagnosticano l’ipersensibilità al glutine: lo ha dimostrato un’indagine pubblicata su JAMA Internal Medicine.

Prevalenza della malattia allo 0,7%

Lo studio è stato condotto su oltre 22mila persone seguite per il National Health and Nutrition Examination Survey dal 2009 al 2014, tutte sottoposte a un test per la celiachia e intervistate per valutare il loro tipo di alimentazione. Ebbene, la prevalenza della malattia è rimasta stabile attorno allo 0,7 per cento (leggermente di meno rispetto alla stima dell’1 per cento per il nostro Paese, ma può incidere anche il maggior consumo di prodotti a base di glutine della dieta tipicamente mediterranea rispetto a quella anglosassone), invece il numero di persone che hanno scelto una dieta gluten-free senza soffrire di celiachia è aumentato dallo 0,5 per cento del 2009-2010 ad addirittura l’1,7 per cento del 2013-2014. Più che triplicato nell’arco di appena cinque anni, quindi. «Le due tendenze potrebbero essere in qualche modo legate – dice l’autore, Hyun-seok Kim della Rutgers Medical School del New Jersey -. Un elevato consumo di glutine è infatti un fattore di rischio noto per lo sviluppo di celiachia, perciò il calo dei consumi potrebbe aver portato al raggiungimento di una sorta di plateau di casi».

casi di celiachia

Auto-diagnosi e false credenze

La tendenza è provata dai numeri negli Stati Uniti, ma è probabile che qualcosa di simile stia accadendo anche in Italia, a giudicare dal moltiplicarsi dei prodotti gluten-free. Ma perché tanti che non ne hanno motivo si costringono a evitare il glutine? Secondo il ricercatore americano, «le ragioni per la popolarità dell’alimentazione senza glutine sono molte, per esempio la percezione da parte di molti che il gluten-free sia più sano e possa dare sollievo a sintomi gastrointestinali aspecifici per cui non si è avuta una diagnosi precisa. Certamente conta anche la maggior reperibilità dei prodotti, che oggi si trovano ovunque e magari incuriosiscono; infine, ci sono anche tanti che si auto-diagnosticano l’ipersensibilità al glutine non celiaca, in cui non si hanno gli auto-anticorpi tipici della malattia ma sono presenti alcuni dei sintomi che si attenuano evitando il glutine». L’ipersensibilità è stata riconosciuta come entità reale, sebbene pare abbia un’incidenza molto inferiore a quella, molto elevata, indicata da alcune stime; tuttavia il percorso diagnostico non è semplice e soprattutto non può essere “fai da te”, perché bisogna prima escludere la vera celiachia, poi procedere ad approfondimenti specifici. L’auto-diagnosi è sempre pericolosa, perché può nascondere una vera celiachia che invece va riconosciuta e curata con una dieta appropriata, senza la superficialità che si potrebbe avere nei confronti di un’ipersensibilità non meglio definita perché mai verificata da un medico: se si vogliono provare i prodotti gluten-free per curiosità, quindi, nessun problema, ma se si esclude il glutine pensando a un disturbo clinico è indispensabile parlarne al medico e arrivare a una diagnosi reale.

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Fonte: www.corriere.it

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