Nelle scuole dell’infanzia comunali, dove i pasti non sono forniti dalla Cir, le famiglie devono contribuire personalmentedi Chiara Cabassa
REGGIO EMILIA. Se sei vegetariano, niente spezzatino. Se sei musulmano, non ti saranno mai servite braciole di maiale. Se soffri di celiachia, sicuramente nel piatto non ti troverai una tradizionale pizza infestata dal glutine, ma il pasto non sarà completo se non ti porterai da casa la spesa fatta appositamente dalla mamma. Già, perché non esistono “pasti completi” forniti direttamente dalle mense scolastiche delle scuole per l’infanzia comunali. Nonostante all’articolo 4, la legge n. 123/2005 evidenzi che «nelle mense delle strutture scolastiche e ospedaliere e nelle mense delle strutture pubbliche devono essere somministrati, previa richiesta degli interessati, anche pasti senza glutine».
«Risale all’inizio del 2000 – ci spiega Paola Cagliari, direttrice dell’Istituzione Scuole e Nidi d’Infanzia di Reggio – un accordo siglato con l’Ausl di questo tipo: in caso di bambini malati di celiachia, una parte dei prodotti necessari per preparare pasti senza glutine, sarebbe stata portata dalle famiglie in virtù del contributo ricevuto dal Sistema Sanitario Nazionale: 60 euro al mese per ogni bambino celiaco».
Cosa accade quindi quando in una scuola dell’infanzia si deve far fronte a un bambino che soffre di celiachia? «All’inizio dell’anno scolastico – continua Cagliari – ci dotiamo di una fornitura completa di farina, pasta, crackers e merendine senza glutine. Finita questa prima fornitura, spetta alla famiglia portare la pasta e in certi casi la farina, ma per il resto ci pensiamo noi: basti pensare che riso, pasta al mais e farina gialla sono prodotti con cui si cucinano piatti senza controindicazioni. Voglio dire che la famiglia deve contribuire per una minima parte del pasto che è comunque garantito».
E per sottolineare la flessibilità rispetto alle singole esigenze, Paola Cagliari aggiunge che «l’Istituzione provvede a diete specifiche: sostituiamo per esempio la carne con altri alimenti quando la famiglia ci chiede di non somministrarla per motivi religiosi o etici. Ma nel caso del bambino celiaco non si tratta di sostituire un cibo con un altro quanto di prendere un prodotto che ha un costo legato al contributo aggiuntivo». Che, a quanto pare, potrebbe essere eliminato … «In realtà – conferma la direttrice del’Istituzione – i casi di celiachia sono in aumento e di conseguenza la distribuzione di prodotti senza glutine è sempre più diffusa e meno onerosa. Da qui la possibilità che non venga più erogato ai celiaci il contributo di cui si parlava prima. A questo punto ci dovrà essere da parte nostra un’assunzione totale della fornitura senza il contributo delle famiglie».
Un problema, quello del pasto per celiaci nelle mense scolastiche, che non esiste nelle scuole primarie e nelle scuole dell’infanzia statali dove, a fornire i pasti, è la Cir. Dal quartier generale della Cucina Belvedere, alla Baragalla, ogni giorno escono circa 1.600 pasti destinati alle mense di asili e scuole primarie. «I pasti per celiaci – spiega Rita Mantovani, dietista della Cir – sono confezionati in cucine separate, per evitare contaminazioni, ma sono identici a quelli degli altri bambini. Il giorno della cotoletta, pure i celiaci la mangiano, anche se è stata infarinata in modo diverso. E lo stesso quando in menù ci sono le lasagne». Sarà banale. Ma non per un bambino che sta imparando, non sempre in modo indolore, a crescere.
di Chiara Cabassa