Prendiamo spunto dalla decisione, risalente al novembre scorso, della statunitense Food and Drug Administration(FDA) di escludere i grassi trans (TFA) dagli ingredienti consentiti nelle preparazioni di alimenti1 per parlare di questo particolare tipo di lipidi.

Cosa sono i grassi trans?

Gli acidi grassi sono un’importante categoria di nutrienti con svariate funzioni nell’organismo degli esseri viventi: hanno funzione strutturale, di deposito e sono dei costituenti ormonali.

La molecola degli acidi grassi può contenere dei doppi legami (grassi insaturi) e questi possono essere disposti geometricamente in forma cis (piegata) oppure trans(diritta). Il legame in forma cis è quello che avviene normalmente nell’uomo (e in generale negli eucarioti) ed è l’elemento chiave che garantisce le corrette caratteristiche chimico-fisiche e la giusta composizione delle membrane cellulari nella loro ricerca di equilibrio, tra elementi che conferiscono rigidità (grassi saturi) e fluidità (mono e polinsaturi).

I TFA possono entrare nella nostra catena alimentare attraverso tre principali fonti:

  1. idrogenazione, totale o parziale, di grassi utilizzati nelle preparazioni industriali;
  2. trasformazione di olii sottoposti ad alte temperature o a processi di deodorizzazione;
  3. bio-idrogenazione batterica attraverso specifici enzimi che trasformano i grassi da cis in trans.

Il primo è il caso dei grassi vegetali, presenti nei prodotti confezionati e nelle margarine, che vengono impiegati per la loro malleabilità, dando corpo ai prodotti e aumentandone la conservabilità.

Nel secondo caso ci si riferisce a grassi insaturi cis che, in seguito al loro utilizzo nelle fritture o cotture a forno, cambiamo parzialmente la loro struttura (isomeria geometrica). Altra importante ed emergente casistica è quella degli olii deodorizzati, il cui processo di eliminazione degli odori produce isomeri di tipo trans2. Questi sono impiegati come ingrediente per fortificare alimenti, quali ad esempio il latte, oppure come integratori di omega 3.

L’ultimo caso, quantitativamente meno rilevante dal punto di vista alimentare, riguarda l’isomerizzazionecis-trans dei grassi a opera dei batteri commensali del sistema digerente dei ruminanti (bovini, caprini, ovini), grassi che poi entrano a far parte della componente grassa delle carni e del latte.

Ricordiamo infine che esiste anche una formazione endogena di TFA agevolata da condizioni di stress ossidativo, in particolare catalizzate da specie radicaliche dello zolfo.

Effetti dei grassi trans sulla salute

Le evidenze scientifiche in molti studi sull’uomo confermano che i TFA hanno un effetto negativo sulla salute umana e che la loro riduzione o eliminazione debba essere ricercata anche attraverso specifiche legislazioni, come sta avvenendo in diversi Paesi. In particolare i risultati analizzati in una recente review pubblicata sull’«European Journal of Clinical Nutrition»3 confermano una relazione tra presenza dei TFA nell’alimentazione e un aumento del rischio cardiovascolare, peggiorando il profilo delle lipoproteine plasmatiche con incremento del colesterolo LDL e una riduzione di quello HDL.

Per questo motivo, importanti autorità in campo della salute e della nutrizione, come ad esempio la già citata FDA, l’American Heart Association o l’European Food Safety Authority4, consigliano di ridurre al minimo l’assunzione di questi composti e di rivolgere gli sforzi sulla ricerca di ingredienti alternativi da utilizzare nelle preparazioni alimentari.

In attesa che venga recepita anche in Italia una normativa più stringente per limitare l’assunzione, anche inconsapevole, di TFA è consigliabile utilizzare prodotti la cui componente grassa sia preferibilmente olio extravergine di oliva, anche per gli alimenti confezionati, evitando tutte le margarine e i grassi parzialmente idrogenati oppure olii non meglio specificati, che abbiano subito un qualche processo termico.